Paul Valéry

Si può scrivere la gioia?

 

La trilogia di Nane Oca di Giuliano Scabia

 

 

Giuliano Scabia, “L’albero che canta”, 2008. Tratto dalla copertina di “Nane Oca rivelato”, Einaudi 2009.

 

Nane Oca, Einaudi 1992.

Le foreste sorelle, Einaudi 2005.

Nane Oca rivelato, Einaudi 2009.

 

Attraversando quest’opera tripartita, diventa subito chiaro che è possibile dire la gioia, una gioia che è movimento e forma umana e di bestia (dal momento che, come scrive Scabia, “esistono più bestie di quelle che si vedono”, Nane Oca, p. 6); gioia che è fatta di narrazione, cioè di tempo, conosce durata eppure si dà vibrante in istanti di fioritura e contemplazione, se è vero che l’eternità per l’essere umano è possibile solo in attimi.

La saga si pone al di là dei generi, è giallo e sua parodia, teatro, narrazione lirica e d’avventura, favola, fiaba, poema e disegno, persino partitura.

La lingua appare nuova, impura e sensuale, lirica e popolare; un italiano dalla sintassi ironicamente letteraria si fa illuminare dalle espressioni fulgide del dialetto di Padova e dei rustici pavani dintorni, entrambi trasfigurati in magiche sembianze. Lingua di luce e corporale, dunque.

In questa trilogia Giuliano Scabia porta al limite la fantasia e con ciò non intende consolare il lettore né proteggerlo dalla realtà; piuttosto, il suo dire e il suo creare provengono da uno sguardo e da uno slancio che sovvertono l’abituale, al punto che la creazione è piacevolmente infinita, incalzante, libera e liberante, poiché scardina immaginari logori, invita a una attenzione gaia e divertita (cioè, volta altrove), a un pensiero che nasce non nella sacralità, e dunque nella separatezza delle costruzioni umane e delle macchine, ma nell’incomprensibile e misteriosa natura in cui le figure tutte sono immerse. E tale grandiosa realtà è fatta di personaggi al di là dell’ordinario eppure dai modi e dai vissuti creaturali e umani, e ciascuno di essi è dotato di un’anima propria e inconfondibile; tutti sono accomunati dal desiderio di essere insieme l’uno all’altro a ragionare delle cose del mondo, ad ascoltare le storie, a danzare, a stare bene, a dire e a fare d’amore.

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