Dal 2014 Franco Acquaviva porta in scena, con la sua voce multipla e capace e una fisicità incredibilmente pronta a dare luce anche ai minimi movimenti della mano dell’attore, uno spettacolo dedicato alla storia di Marco Cavallo.
A cura di Giuliano Scabia, Marco Cavallo – pubblicato nel 1976 da Einaudi e riedito solo nel 2011 dalle Edizioni alpha beta Verlag con l’aggiunta di paratesti e materiale audiovisivo grazie al lavoro editoriale di Elisa Frisaldi –, volume a cui il lavoro di Franco Acquaviva si ispira, racconta l’avventura di un gruppo di artisti all’interno dell’Ospedale Psichiatrico San Giovanni di Trieste, il manicomio diretto da Franco Basaglia.
Avvenuta nei primi due mesi dell’anno 1973, la costruzione di Marco Cavallo, un cavallo di legno e cartapesta, è un atto che rappresenta un momento di rottura, di interruzione della normalità del manicomio, e che tuttavia si inserisce nella pratica rivoluzionaria della non esclusione dei malati mentali perseguita da Basaglia.
Nella cronaca quotidiana delle attività svolte insieme ai pazienti all’interno del laboratorio, ricavato da tre ampie sale dell’ex reparto P, si legge di una continua ridefinizione del proprio lavoro e ruolo da parte degli artisti: non si tratta di fare arte insieme ai matti né di curare i matti attraverso di essa.
La concretezza della pratica artistica diviene invece il modo per reinventare la relazione tra uomini, sani e malati, per creare una comunicazione nuova e stare bene insieme, fuori dalle tentazioni di una sperimentazione tesa a ottenere risultati dai pazienti e al di là delle ripetizioni, degli stereotipi di ciascun rapporto prestabilito e normalizzato.